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ROMA REPUBBLICANA
(VI-I secolo a.C.). Organizzazione politica
assunta dalla città dopo la cacciata dei Tarquini alla fine del
VI secolo, in un momento di profondi mutamenti che interessarono varie
zone dell'Italia centrale. La società romana si distingueva allora
per la marcata stratificazione e per le nette disuguaglianze nella struttura
politica. Tendevano a rinforzarsi i legami personali che subordinavano
uomini di condizione sociale inferiore a uomini socialmente importanti.
A questa organizzazione della vita privata corrispondeva un equivalente
riconoscimento di diseguaglianza nella vita pubblica. Tutta la popolazione
era divisa in tre grandi fasce a seconda della consistenza della proprietà
e della rinomanza della famiglia. Alla fascia più alta appartenevano
coloro che dal posto occupato nell'esercito prendevano il titolo di cavalieri
(equites). In origine in questa fascia erano compresi solo gli
appartenenti alle famiglie di origine più antica, i patrizi.
Alla seconda fascia appartenevano i cittadini che avevano i mezzi per
armarsi come fanti, suddivisi a loro volta in cinque categorie a seconda
del loro patrimonio. Alla terza fascia appartenevano coloro che per l'inconsistenza
dei beni non potevano venire inclusi in alcuna delle cinque classi: esclusi
dal servizio militare, erano i cosiddetti proletari. Con una tale
stratificazione sociale, la distribuzione del potere nella Roma repubblicana
appare complessa. Da una parte infatti sussisteva l'unità del comando
supremo (imperium), parziale eredità dell'antica figura
del re, capo religioso, politico e militare; dall'altra parte si creò
una varietà di cariche (magistrature) minori, differenziate
per importanza, funzione, durata. Il sistema di potere era perciò
molto bilanciato, ma era anche soggetto a colpi di mano, perché
non sempre le competenze dei diversi magistrati erano chiaramente definite,
e spesso si verificavano casi di interferenza e di conflittualità.
In una tale spartizione di ruoli il senato costituiva il vero centro di
potere della repubblica, come probabilmente aveva costituito già
l'effettivo strumento di governo della Roma monarchica. Anche grazie a
questo primato del senato, Roma poté permettersi una magistratura
assolutamente anomala come quella del dittatore, che nei casi di riconosciuto
bisogno assumeva da solo il potere bilanciato dei consoli. Nominato infatti
da uno dei consoli su ordine del senato, era in definitiva uno strumento
del senato stesso che in questo modo assumeva nelle difficoltà
i pieni poteri della repubblica.
F. Roscalla
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